Grandi manovre al centro a pochi mesi dalle politiche che per i centristi di Angelino Alfano si preannunciano molto difficili. Il dato elettorale delle recenti regionali siciliane, ha visto il ritorno dei centristi con un contributo determinante per la vittoria finale di Nello Musumeci, nuovo presidente della Regione siciliana. Lorenzo Cesa, leader dell’Udc, che ha riportato in auge lo scudocrociato, simbolo di un partito che in Sicilia ha sempre esercitato un richiamo per gli elettori moderati, sta lavorando sottotraccia per costruire una grande forza liberal-popolare che, secondo alcuni analisti politici, avrebbe uno spazio elettorale enorme, mettendo insieme “Energie per l’Italia” di Stefano Parisi, “Direzione Italia” di Raffaele Fitto, “Rivoluzione Cristiana” di Gianfranco Rotondi, “Idea” di Gaetano Quagliarello, il Pid-Cantiere popolare di Saverio Romano rivitalizzato dal dato elettorale in Sicilia e anche quello che rimane di Ap visto che Angelino Alfano sembra alla ricerca di una nuova “casa” che possa assicurargli una rielezione alle politiche. Inoltre, della partita dovrebbe esserci anche l’ex ministro delle Poste e telecomunicazioni Salvatore Cardinale, già democristiano “doc” di vecchia data, ovvero dai tempi dell’allora ministro Calogero Mannino che appoggiò la sua prima candidatura (vincente) alla Camera dei deputati. Cardinale in questi giorni mostra di essere molto insofferente nei confronti del Pd anche se Sicilia Futura, la sua creatura politica, è riuscita ad eleggere solo due parlamentari all’Assemblea regionale siciliana di cui uno, Edy Tamajo, indagato per voto di scambio. Cardinale, secondo alcune indiscrezioni, nel corso delle elezioni, quando si sarebbe accorto che il suo candidato alla presidenza della Regione siciliana Micari non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere eletto, avrebbe dato un “aiutino” a Musumeci (anche se questa versione dei fatti è stata smentita da Cardinale). Secondo alcuni rumors, l’ex ministro starebbe preparando le valige per transitare in un nuovo contenitore centrista che potrebbe essere proprio quello su cui sta lavorando Cesa anche perché ci sarebbe da garantire la ricandidatura della figlia Daniela, oggi deputata nazionale in quota Pd.
La galassia centrista di matrice post-democristiana che piaccia o no, è stata la base del successo di Musumeci, presente in liste autonome o ospitata nelle liste dei partiti nazionali. Basta vedere, ad esempio, la performance elettorale della lista Popolari e Autonomisti-Idea Sicilia con 136 mila consensi che hanno portato in dotazione sei seggi a Sala D’Ercole.
Cesa gonfia il petto ed in una recente intervista rilasciata a “Il Tempo Quotidiano” si lascia andare dichiarando: “Gli altri twittano, noi abbiamo i voti. E alle politiche vedremo chi riderà”.
L’unica nota stonata nell’alveo dei centristi, è stata la débâcle, peraltro annunciata, di Ap che di fatto pone fuori dai giochi Angelino Alfano abbandonato alla vigilia del voto da molti big del suo partito.
Nelle passate legislature, con i governi Cuffaro, Lombardo, Crocetta fino ad arrivare alla recente elezione di Musumeci, all’Ars c’è sempre stata una rilevante presenza di ex democristiani che spesso sono stati l’ago della bilancia per scelte che spesso si sono rilevate vincenti. Ora sta a Berlusconi, partendo dalla vittoria del centrodestra in Sicilia, sapere valorizzare queste risorse politiche senza penalizzare nel contempo l’alleanza con il duo sovranista Meloni-Salvini. Per non parlare dei vertici della Lega che in Sicilia sono Angelo Attaguile, Alessandro Pagano e il neo eletto all’Ars, Tony Rizzotto, tutti con un passato da democristiani.
In Sicilia vince il centrodestra grazie anche alla buona affermazione dell’Udc e dei partiti che fanno riferimento alla famiglia del Partito Popolare Europeo. Secondo alcuni osservatori politici, per vincere alle prossime elezioni nazionali, si dovrebbe proporre agli elettori un centrodestra a trazione centrista che ha in Forza Italia il suo baricentro.
In prospettive delle prossime elezioni, il centrodestra conquisterebbe 252 seggi, di cui 114 nei collegi uninominali (quasi la metà). Comunque, al di là delle alleanze che ancora sono tutte da definire, oggi nessuno avrebbe i numeri per costituire una maggioranza di governo.